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YES

 
 
 
   Time and a word (70)  
     
 

Commento di Gioser345
“Time and a Word” arriva nei negozi di dischi all’inizio del 1970. La formazione del gruppo è la medesima del primo album, l’omonimo “Yes”, uscito l’anno precedente: Chris Squire al basso , Tony Kaye alle tastiere, Peter Banks alla chitarra, Bill Bruford alla batteria e Jon Anderson alla voce.
Gli elementi costitutivo dello Yes-sound sono gli stessi dell’album precedente: le ottime capacità strumentali dei membri, una sofisticata, anche se ancora acerba, propensione all’ampolloso ed una reiterata ricerca sonora ancora inserita però su una foggia di estrazione pop.
Tuttavia appare abbastanza evidente l’avanzamento nel tragitto stilistico che sfocerà nel tipico timbro sonoro spasmodico, complesso ed intricato che gli Yes adotteranno, soprattutto per merito del nuovo chitarrista Steve Howe, a partire dall’album successivo.
Le canzoni sembrano dilatarsi leggermente e assumere ulteriore organicità compositiva e stilistica con l’aggiunta di un orchestra a supporto soprattutto della sezione melodica, vero punto debole della band, composta da Banks, chitarrista di contorno e nulla più, e Kaye, tastierista poco fantasioso e limitato al solo hammond. Sono comunque necessarie, nonostante i limite costitutivi delle composizioni, menzioni particolari per la voce celestiale ed eterea di Anderson, la bravura, forse non ancora pienamente espressa, di Bruford, ma principalmente per Squire, sempre straordinario ed originale: il miglior bassista progressive di tutti i tempi ed uno dei pochissimi ad aver saputo emancipare il basso da una semplice e pedante funzione di supporto.
“No Opportunity Necessary, No Experience Needed” inaugura la rassegna con un trascinante e ritmato andamento. Ad essa si succede “Then”, canzone dall’approccio pacato e lento a cui poi subentra una convulsa e irrequieta alternanza fra passaggi intensi, dominati da Squire, e morbide parti alla tastiera.
”Everydays” è introdotta da violini su cui s‘adagia l’effettata voce di Anderson, che s’eclissa poi per lasciare posto alla ruvida chitarra di Banks supportata dall’orchestra ed un grande Squire.
La quarta traccia, “Sweet Dreams”, è una ripetitiva e banale ballata. La seguente “The Prophet” è invece una canzone ben strutturata ed abbastanza sofisticata, anche se un po’ scialba, ma molto significativa per ciò che concerne l’affinamento stilistico degli Yes.“Clear Days” è al contrario una canzone molto breve dominata dalla voce di Anderson supportata dalla sola orchestra.
“Astral Traveller” è uno dei brani più riusciti, anche se un po’ raffazzonato nella parte centrale,
e uno dei più significativi per analizzare i primi abbozzati tratti distintivi nella forma canzone peculiare degli Yes. Chiude l’album il famoso e orecchiabile pop di “Time and a Word” .

Album significativo per comprendere i primi chiarori dello Yes-sound, voto: 6+

 

 Track list:

  1. No opportunity necessary, no experience needed
  2. then
  3. Everydays
  4. Sweet dreams
  5. The Prophet
  6. Clear days
  7. Astral Traveller
  8. Time and a Word

 

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   The yes album (71)  
     
 

Questo disco ha uno stile tutto suo... sicuramente il meglio deve ancora arrivare ma canzoni come "Yours is no disgrace" e "Starship trooper" rimangono ben salde nei pezzi forti della discografia di questo gruppo.
Una bella ed acustica "The clap".

 

 Track list:

  1. Yours is no disgrace
  2. The clap
  3. Staship trooper
  4. I've seen all good people
  5. A venture
  6. Perpetual change

 

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   Fragile (71)  
     
 

Signore e Signori: siamo al piatto forte! Grandioso!!
Il disco si divide sostanzialmente nelle canzoni scritte dai singoli componenti, sempre brevi e secondo me, prive d'interesse (tranne "The fish"), e le gradiose canzoni scritte in gruppo. Impressionante la compattezza sonora e la precisione di tutti i componenti anche se prende maggior piede la caratteristica della complessità, a volte un po' fine a se stessa. Il disco è straordinario comunque: ascoltare per credere "Roundabout", "South side of the sky", e "Heart of the sunrise". C'è anche la famosa "Long distance runaround".
Consigliato

 

 Track list:

  1. Roundabout
  2. Cans and Brahms
  3. We have Heaven
  4. South side of the sky
  5. Five per cent for nothing
  6. Long distance runaround
  7. The fish
  8. Mood for a day
  9. Heart of the sunrise

 

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   Close to the edge (72)  
     
 

[1/2] Tre canzoni di lunga durata in questo disco!!! "Close to the edge" è un qualcosa di incredibile, le varie note sono fuse in un intreccio di atmosfere difficilmente riproponibili. Grande la parte "I get up I get down" con un bellissimo finale di Church Organ.
L'acustica "And You and I" è onestamente il pezzo debole del disco... non che sia male...per carità. Bella la parte del ritornello e tutto il lavoro con l'acustica da parte di Steve Howe.
"Siberian Khatru" è in assoluto la mia canzone preferita di questo gruppo!!!
Grandioso e grintoso inizio vede il suo apice massimo nell'incredibile assolo di clavicembalo perfettamente eseguito da Wakeman.
A volte comunque il gruppo ha cercato la via più complicata per eseguire certi passaggi... eccessi che a qualcuno possono non far piacere.
CONSIGLIATO.
 
[2/2] Commento di Gioser345
L’avvicendamento fra il semplice mestierante Kaye e un fuoriclasse delle tastiere come Rick Wakeman già in “Fragile” aveva ulteriormente enfatizzato lo stile ed ampliato le potenzialità della band verso astrali orizzonti sonori. Ma mentre “Fragile” presentava ancora qualche punto debole, soprattutto a causa di canzoni mediocri utilizzate come riempitivo da affiancate a capolavori come “Heart of the Sunrise”, “Roundabout” e “Lond Distance Runaround”, “Close to the Edge” cristallizza la perfezione formale e strumentale del paradigma sinfonico peculiare negli Yes. Con “Close to the Edge”, gli Yes sfiorano la perfezione e realizzano un album ineguagliabile sotto molti punti di vista, a partire dalla caratura esecutiva e creativa delle partiture individuali. Nessun componente può essere infatti tacciato di invadente e petulante protagonismo perché tutto nell’album è tracotante, ogni musicista sembra dar libero sfogo all’opulenza e alla sontuosità della propria abilità tecnica nel tratteggiare una specifica linea di conduzione solista che si compenetra mirabilmente in una compatta e prodigiosa unità musicale sorretta dalla voce di Anderson, vero collante armonico del gruppo e mediatore sonoro fra i vari strumenti in un’inversione di mansioni fra musica e canto, con il cantante a supporto dell’orchestra. Quella degli Yes è sicuramente la formazione progressive, e forse di tutto il rock in generale, che può vantare il più elevato tasso tecnico individuale per merito di musicisti tutti annoverabili fra i grandissimi nel trattare le potenzialità del proprio strumento: Bill Bruford, batterista pervicace e minuzioso negli interventi, Rick Wakeman, ingegnoso innovatore delle tastiere ed esteta del suono, Chris Squire, vero e proprio sciamano che ha saputo infondere passione e vitalità al basso, ed infine Steve Howe, autentico fuoriclasse raramente menzionate fra i più importanti e famosi virtuosi della chitarra, ma capace invece di stillare dal proprio strumento estrose trovate ad effetto, sinuose ed effettate melodie, vorticose spirali pirotecniche o miniate grafie per chitarra. L’album si sviluppa attraverso tre sole tracce dall’esteso minutaggio e dalle atmosfere molteplici che variano dal soffuso all’accattivante, dal melodico al pungente, dal sinfonico al prosaico, dal magniloquente allo scabro, dal lirico al selvaggio e dall’antico al moderno: insomma un vero e proprio campionario di ogni sfaccettatura del progressive. La prima parte dell’opera è occupata dalla lunghissima ed omonima “Close to the Edge”. Essa è suddivisa in quattro parti perfettamente coese tra loro, “The Solid Time of Change”, “Total Mass Retain”, “I Get up I Get Down” e “Seasons of Man”, in cui ogni membro del gruppo riesce a dare il meglio di sé con fastose ed intricate volute strumentali distillate con sagacia tecnica ed esaltante inventiva. I primi secondi di “Close to the Edge” sono occupati dal rumore di acque in scorrimento a cui si aggiunge il cinguettio di uccelli in una continua ascesi del volume su cui poi irrompe un lungo scroscio chitarristico aspro e penetrante che si staglia in primo piano mentre gli altri strumenti, condotti dalla sua linea melodica, si disimpegnano in lussuosi arzigogoli ornamentali (“The Solid Time of Change”) fino a quando il timbro della chitarra di Howe si ammorbidisce danno ordine e rigore alla canzone in attesa dell’imminente attacco vocale di Anderson. Di qui la canzone si dispiega su di un andamento fortemente ritmato e dalle cadenzature quasi funky, scandite dall’ assiduo basso di Squire dalla gelida chitarra di Howe in un esaltante susseguirsi di campionature stilistiche (“Total Mass of Retain”). Le tonalità accese digradano poi sulle leggere ed impalpabili atmosfere condotte dal mellotron e dalle tastiere Wakeman a supporto di magnifici intrecci vocali che esaltano le doti di Anderson (“I Get up I Get Down”). Gli acuti canori infine si dileguano sfumando, attraverso un pomposo passaggio d’organo, nella sezione successiva, “Seasons of Man”, in cui Howe detta i tempi nel preludio ad un grandioso e spettacolare assolo di tastiera in cui Wakeman dimostra tutta la sua abilità prima che Anderson riprenda in mano la situazione guidando la chiusura corale incentrata sul tema vocale ricorrente della canzone. Il brano successivo, “And You and I”, è anch’esso suddiviso in quattro momenti differenti inseriti su di una architettura circolare: “Cord of Life”, “Eclipse”, “The Preacher the Teacher” e “Apocalyse”. La canzone è introdotta da una chitarra acustica morigerata e scarna che ordisce con una morbida e gentile melodia che sarà struttura portante di tutto il componimento. Howe prosegue nel suo lavoro di finitura e supporto, soprattutto ritmico, anche quando si inoltrano, mantenendo un profilo pacato e leggiadro, anche gli altri strumenti in ausilio alla voce calda ed avvolgente di Anderson. L’armonia è rotta però da un mellotron con cui Wakeman dipinge una solenne e apocalittica sinfonia che si spegne poi per ridare ad Howe la possibilità di rilanciare l’esordio con la sua chitarra acustica. Nonostante la leggera accelerazione, il restringimento e le tonalità un po’ più cariche il tema portante si dispiega similmente alla prima parte e come essa si eclissa per rendere ancora protagonista il mellotron di Wakeman che interrompe però la sua dissertazione prima della chiusura impostata da Anderson e Howe. Anche l’ultima traccia, “Siberian Khatru”, replica in autorità e perfezione le prime due senza sfigurare al loro cospetto. L’attacco del brano, segnato da uno straordinario Howe, è immediatamente tonico ed energico. Alla chitarra elettrica si accoda immediatamente la tastiera, dando il via ad una tesa e nitida alternanza fra i due strumenti che si ammorbidisce fino a svanire prima dell’assolo settecentesco dal sapore barocco di Wakeman, a cui Howe risponde prontamente con il suo che ritorna in chiusura sul refrain iniziale. I toni poi si smorzano e Anderson riprende le fila della canzone senza impedire però a Howe un’ulteriore stilettata in anticipo sul taglio strumentale di Wakeman a supporto del coro che viene ripreso ed interrotto due volte prima di un concitato finale su cui dominano ancora i due protagonisti assoluti, Howe e Wakeman, con un’ultima sovrapposta manovra solistica.
 
Album grandioso ed inarrivabile, voto: 9+

 

 Track list:

  1. Close to the Edge
  2. And You And I
  3. Siberian Khatru

 

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   Yessongs (73)  
     
 

Doppio disco live che contiene canzoni dai tre precedenti dischi.
L'esecuzione dei vari pezzi è di impressionante precisione e manifesta la grandiosa tecnica del gruppo che comunque paga la scelta stilistica della complessità soprattutto nelle composizioni con sovraincisioni studio con conseguenti suoni un po' vuoti in alcuni punti, anche se nel complesso umanamente non era effettivamente possibile far di più.
Grandiose "Siberian Khatru", "Heart of the sunrise", "Roundabout" e la lunga ma completa "Close to the edge". Qualche momento di defaiance in "Long distance runaround". Bravo Howe in "Mood for a day".
E' anche presente un assaggio del primo disco di Wakeman anche se onestamente invece di tutto un po' forse avrebbe risaltato meglio qualche punto ma eseguito completamente.
Onestamente visto il prezzo non proprio favorevole e la scarsa qualità di registrazione (di cui ne fanno le spese soprattutto Bill Bruford ed Alan White) lo consiglio solo ai grandi fan del gruppo o a chi preferisce i live ai dischi studio.

 

 Track list:

    CD 1:
  1. Opening
  2. Siberian Khatru
  3. Heart of the sunrise
  4. Perpetual Change
  5. And you and I
  6. Mood for a day
  7. The six waves of Henry VIII
  8. Roundabout
    CD 2:
  1. Your move / All good people
  2. Long distance runaround / The fish
  3. Close to the edge
  4. Yours is no disgrace
  5. Starship trooper

 

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   Tales From Topographic Oceans (73)  
     
 

Commento di Giampaolo
Correva l'anno 1973 e con questo album gli Yes volevano probabilmente ottenere il capolavoro "per eccellenza". Invece non fu cosi`. Va detto subito che il lavoro fu quasi fatto esclusivamente da Anderson e Howe e forse anche per questo l'album ne ha risentito. L'album e` composto da quattro suite piu` o meno da 20 minuti. La prima tutto sommato e' anche buona, ha il difetto di essere un po' ripetitiva (difetto comune a tutte le suite). A mio avviso, qua per lo meno c'e' anche l'apporto di Wakeman, mentre nel resto dell'album la sua presenza diminuisce in maniera anche netta.

La seconda suite direi che e' proprio brutta. Qui la composizione e` piatta, c'e` qualcosa di buono ma per soli 30 secondi -1 minuto. Ma dato che la suite dura 20 minuti il risultato e` negativo.

La terza e` sperimentale. La prima parte(12 minuti) la fa da padrone la chitarra elettrica di Howe contorniato dalla batteria di White e qua si raggiungono livelli inascoltabili , da mal di testa. Invece la seconda parte(6 minuti finali)vi e` in evidenza la chitarra acustica di Howe e i risultati sono buoni. Magari se avessero lavorato di piu` su questa parte sarebbe nato un bel gioiello musicale.

La quarta e ultima (finalmente!) suite nel complesso e` discreta,ma anche qui i livelli non sono buoni e ci sono momenti inascoltabili,pesanti.

In conclusione,la migliore delle 4 suite e ` la prima che ricorda anche il suono yes, ma globalmente l'album e` deludente. Il voto e` sul 4,5. Quello che piu` mi preme di sottolineare e' che una suite per essere bella deve avere dei cambi di melodia, basti pensare a "Close to the edge". Qui siamo di fronte a composizioni per lo piu` piatte, ripetitive e soprattutto una suite deve essere bella dall'inizio alla fine, e non bella per alcuni minuti e per il resto sia indecente.

 

 Track list:

  1. The Revealing Science of God (Dance of the dawn)
  2. The Remembering (High the memory)
  3. The ancient (Giants under the Sun)
  4. Ritual (Nous Sommes Du Soleil)

 

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   Relayer (74)  
     
 

Onestamente sono rimasto molto deluso da questo disco: la scelta della complessità che caratterizza la migliore produzione di questo gruppo, viene esaltata fino a livelli insostenibili (... qui è solo fine a se stessa...) in questa proposta di canzoni che praticamente non hanno ne capo ne coda. La forma (N.B. la forma non lo stile) ricalca quello di "Close to the edge" : una lunga "Gates Of Delirium" (22:55) sul primo lato (interessante solo nel finale) e "Sound Chaser" (9:25) e "To Be Over" (9:08) sul secondo. In "Sound Chaser" c'è un parte di chitarra da far venire i brividi, non in positivo però... antisonanze forzate...mah.. e "To Be Over", unica parte interessante del disco. Patrick Moraz alle tastiere sostituisce Wakeman anche se onestamente siamo ben lontani.... e Alan White rimpiazza Bill Bruford (anche se già dal precedente tour)....
Amaro.

 

 Track list:

  1. The Gates Of Delirium
  2. Sound Chaser
  3. To Be Over

 

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   Yes - An evening of Yes Music plus (89 / 96)  
     
 

Ci sono due sostanziali motivi che mi hanno spinto all'acquisto di questo doppio live: il primo la curiosità di sentire risuonate alcune delle canzoni dei dischi migliori dopo più di 15 anni (queste registrazioni sono del 1989) mentre il secondo, strettamente materiale, il bassissimo prezzo per circa cento minuti di musica.
Il primo disco comincia con toni quasi deludenti con una specie di unplugged di sola chitarra prima e pianoforte poi. Bravi comunque sia Howe che Wakeman (commento superfluo...). Bella chiusura con "Long distance Runaround" e "And You and I". Il secondo disco comincia alla grande con "Close to the edge", presentando poi un po' di materiale dei dischi anni '80 e concludendo con le buone "Heart of the sunrise" e "Roundabout". Non ho capito il motivo di questo disco (stampato dalla King Biscuit) visto che manca anche Chris Squire al basso, sostituito non si sa da chi (il libretto è osceno...). Onestamente tutto sommato non è male anche se la batteria elettrica di Bruford ha un suono di rullante indecente ed estremamente monotono.
Non è da avere assolutamente comunque...

 

 Track list:

    CD 1:
  1. Benjamin Britten's young persons guide to the orchestra
  2. Time and a word / Teakbois / Owner of a lonely heart
  3. The clap / mood for a day
  4. Gone but not forgotten / Catherine parr / Merlin the magician
  5. Long distance rounaround
  6. Birthright
  7. And you and I
    CD 2:
  1. Close to the edge
  2. Themes
  3. Brother of mine
  4. Heart of the sunrise
  5. Order of the universe
  6. Roundabout

 

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   Formazione più rappresentativa:  
     
 
  • Jon Anderson: Voce
  • Steve Howe: Chitarra/Voce
  • Rick Wakeman: Tastiere
  • Bill Bruford: Batteria/Percussioni
  • Chris Squire: Basso/Voce

 
 
 
   Sito Ufficiale:  
  yesworld.com  

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