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GENESIS

 
 
 
   From Genesis To Revelation (69)  
     
 

Commento di Gioser345
Primo ed ingenuo album di un gruppo ancora giovanissimo e privo di un’identità stilistica stabile, in cui però spiccano già le individualità del valente tastierista Tony Banks, del duttile bassista Micheal Rutherford e dell’istrionico cantante Peter Gabriel a cui si aggiungono Anthony Phillips alla chitarra e John Silver alla batteria. Nonostante l’acerbo approccio alla costruzione compositiva il precoce talento sembra emergere in più passi, ben compendiati dalle già egregie abilità tecniche esemplificate dalle ottime modulazioni strumentali e dalle atmosfere che sembrano in alcuni passaggi precorrere le suggestioni ipnotiche dei lavori successivi. Anche i testi, spesso alteri e pretenziosi, malgrado i loro limiti costitutivi dovuti all’inesperienza, parrebbero prototipi dei colti e passionali testi che verranno. Inserendolo nel contesto in cui prese forma l’album può fregiarsi di buoni arrangiamenti e composizioni talvolta presumibilmente accattivanti per un pubblico di massa, ma poco brillanti e privi di alta caratura musicale per un pubblico affezionato ai Genesis della maturità.
Non è certamente un album che si può definire progressive, ma rimane comunque un’opera di significativo valore per poter esaminare quali furono i fermenti artistici di un gruppo che deve essere annoverato fra i principali dello scenario progressive.
 
Album di piacevole ascolto, voto: 6

 

 Track list:

  1. Where the Sour Turns to Sweet
  2. In the Beginning
  3. Fireside Song
  4. The Serpent
  5. Am I Very Wrong?
  6. In the Wilderness
  7. The Conqueror
  8. In Hiding
  9. One Day
  10. Window
  11. In Limbo
  12. The Silent Sun
  13. A Place to Call My Own
  14. A Winter's Tale
  15. One Eyed Hound
  16. That's Me
  17. The Silent Sun
  18. Image Blown Out
  19. She Is Beautiful
  20. Try a Little Sadness
  21. Patricia
 

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   Trespass (70)  
     
 

Commento di Gioser345
Con John Mayhew in sostituzione di John Silver i Genesis pubblicano nel 1970 “Trepass”, un album che segna il battesimo del gruppo nella scena progressive inglese.
Se non fosse per il nome indicato sulla copertina parrebbe di ascoltare un altro gruppo rispetto a quello di “From Genesis to Revelation”. Le canzoni si dilatano assumendo le connotazione di vere e proprie suite ricche di buoni spunti, ma ancora un po’ contratte e prive della intensità passionale di cui si caricheranno prepotentemente i componimenti di Gabriel e compagnia a partire dall’album successivo. Gli ingredienti ci sono però già tutti: la lunghezza delle tracce, la flessibile voce di Gabriel, la puntualità di Rutherford, il talento di Banks, gli stilemi classicheggianti e i numerosi riferimenti letterari e mitologici.
Anche se molti dei pezzi non resisteranno al logorio del tempo, ad eccezione della torbida “The Knife” in cui il gruppo dimostra la notevole coordinazione strumentale e una proverbiale capacità nel miscelare le diverse istanze individuali, l’album è certamente di pregevole fattura e di buona qualità.
 
Album interessante e versatile, voto: 7

 

 Track list:

  1. Looking for someone
  2. White mountain
  3. Vision of angels
  4. Stagnation
  5. Dusk
  6. The knife

 

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   Nursery Cryme (72)  
     
 

Commento di Gioser345
Da molti è ritenuto l’album migliore dei Genesis e in effetti rappresenta un bel balzo in avanti rispetto agli spesso insicuri esordi di “From Genesis ti Revelation” e “Trepass”. “Nursery Crime” diviene da subito un caposaldo della storia progressive e sancisce la definitiva maturità in gruppo che giunge alla definizione dello stile impeccabile e coinvolgente che lo ha reso celebre. Una delle componenti che hanno permesso un tale affinamento nell’approccio alla forma-canzone è stata indubbiamente il conseguimento di una identità stabile nello schieramento del gruppo, con gli innesti del sapiente chitarrista Steve Hackett e dell’accurato batterista Phil Collins.
I sei pezzi, di cui si struttura l’album, si succedono senza lungaggini o passaggi deboli ed ogni strumento si compendia splendidamente sfiorando livelli di fulgida compiacenza esecutiva tramite un andamento cadenzato e quasi favoleggiante. La canzone che apre l’opera, “The Musical Box”, saggia immediatamente la maestria conquistata dal gruppo, si prosegue poi con l’avvicendarsi di liriche atmosfere e melodrammatici componimenti in cui le tastiere di Banks tessono un sottofondo di mistico rapimento e la voce di Gabriel miscela la confluenza armoniosa di ogni strumento. L’album si chiude con l’apice del fervore compositivo che i Genesis hanno infuso nell’album: “Fountain of Salmacis”, in cui mito e prosaicità si mescolano su note di pregiato estro.
 
Album ottimo dalle incantevoli atmosfere, voto: 8,5

 

 Track list:

  1. The musical box
  2. For absent friends
  3. The return of the giant Hogweed
  4. Seven stones
  5. Harold the barrel
  6. Harlequin
  7. The fountain of salmacis

 

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   Foxtrot (72)  
     
 

Commento di Gioser345
Già in “Nursery Crime” i Genesis erano riusciti a sfiorare mirabili ed eccelsi vertici creativi, tali da indurre a ritenere impossibile, o perlomeno arduo, poterne bissare l’ispirazione nel lavoro immediatamente successivo.

Invece l’avviato quintetto, che per la prima volta non subisce la defezione di alcun componente per due album di seguito, riesce ad emulare, e addirittura a sormontare in perfezione stilistica ed estro, il precedente “Nursery Crime”, rinfocolando così il fervore compositivo che regalerà altri due capolavori come “Selling England by Pounds” e “The Lamb Lies Down on Brodway”.

Nel complesso gli ingredienti sono gli stessi di “Nursery Crime”: l’affiatamento, la perizia, la fantasia e il talento, perfettamente amalgamati nelle suggestive atmosfere melodrammatiche cariche di lirismo poetico, che vengono accarezzate dai colti ed emozionanti testi scanditi dalla versatile voce di Peter Gabriel, aspra o velata, a seconda delle inflessioni più opportune. Altro distintivo aspetto nello stile dei Genesis è la propensione a privilegiare l’andamento corale delle orchestrazioni, limitando le reiterate ed estese soluzioni individuali peculiari del genere Progressive, senza per questo pregiudicare la maniacale ricerca estetica del suono.

“Foxtrot” si compone di sei tracce disposte in una continua ascesi che defluisce nell’ultima e grandiosa “Supper’s Ready”, lunghissima suite che rappresenta l’acme compositivo dei Genesis, e forse del Progressive tutto, racchiudendone l’essenza e compendiandone ogni fondamentale requisito.
Il primo brano, “Watcher of the Skies”, ottimo preludio all’estasi del restante, è introdotto dallo sfumato lavoro di Banks al mellotron su cui si innesta poi l’insistito rimbrotto chitarristico di Hackett che contrasta lo spugnoso proseguo intessuto dalle tastiere e da un bravo ed ossessivo Rutherford al basso. La successione strumentale si ripete più volte fino alla sinfonica chiusura ancora diretta dal sempre abile Banks.
La successiva “Time Table”, pur restando una canzone al di sopra della media, è forse la composizione più debole dell’album: intessuta dal genio di Banks alle tastiere, e supportata dal basso persistente di Rutherford, la melodia del brano si adagia su note dolci e forse un po’ melliflue.
“Get ‘em out by Friday”, è invece, esclusa la già citata “Supper’s Ready”, forse la miglior canzone dell’album. Avviata dal duetto Hackett – Banks, la canzone prosegue in un continuo intercalare fra i due musicisti, che rinnovano il confronto strumentale di “Watcher of the Skies”, con però il tema portante questa volta ad appannaggio del chitarrista, nonostante la parte centrale sia condotta dalla delicata tastiera di Banks a supporto della fragile voce di Gabriel protagonista dell’inframmezzo.
“Can Utilità and the Coastliners” è l’ennesimo capolavoro nel capolavoro: una linea melodica impartita dalla chitarra acustica di Hackett a cui si sovrappone Banks in larghi segmenti prettamente strumentali, prima del dilagare dell’organo e poi della morbida deflagrazione di basso e chitarra in anticipo sul finale cesellato dalla voce di Gabriel.
La quinta traccia, “Horizons”, è un breve intermezzo, soffice ed angelico, imbastito dalla sola chitarra acustica di Hackett.
Si giunge infine alla sublime ed inarrivabile “Supper’s Ready”, canzone che oltrepassa la fatidica soglia dei venti minuti e sorpassa in perfezione stilistica e fantasia anche la schizofrenica e forsennata “A Plague of Light House Keepers” (“Pawn Hearts”) dei Van der Graaf Generator, altro capolavoro che supera i venti minuti di durata.
La prima parte, diretta dalla chitarra acustica di Hackett su cui ricamano le tastiere di Banks, il bravo Collins alla batteria e il flauto di Gabriel, è solo un sublime preludio a cui seguiranno straordinarie intuizioni sonore, sfumature lievi o tonalità accese fin quasi a lambire l’hard, melodie fatate e barlumi sinfonici, vaporosi stacchi e passaggi fortemente ritmati, soluzioni corali e sezioni solistiche, il tutto a supporto del testo sull’apocalisse interpretato della voce, a volte di porcellana, a volte sfrigolata, di Gabriel.
E’ comunque fatica sprecata ogni tentativo di rendere con parole questo delirio compositivo che è obbligo conoscere per ogni cultore di progressive.
 
Il migliore album dei Genesis e uno dei migliori del rock tutto: 9+

 

 Track list:

  1. Watcher of the skies
  2. Time table
  3. Get 'em out by friday
  4. Can-utility and the coastliners
  5. Horizons
  6. Supper's ready

 

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   Live (73)  
     
 

Disco live doppia faccia che permette di gustare la perizia tecnica con cui il gruppo esegue dal vivo i vari pezzi, riproposti in maniera però identica senza la minima variazione alle canzoni in versione studio. Ovviamente visto il tipo di musica nessuno pretendeva uno stravolgimento dei temi e delle tracce ma qualche improvvisazione o toccata di nuovo, farebbe giovare il risultato con il dono di un sentire rinnovato che altrimenti porta il disco ad un ascolto raro e quasi disinteressato.

Spero di essermi spiegato bene: grandiosamente suonato (sia chiaro) ma inutile se uno ha già i dischi da studio.

 

 Track list:

  1. Watcher of the skies
  2. Get 'em out by friday
  3. The return of the giant Hogweed
  4. Musical box
  5. The knife

 

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   Selling England by the Pound (74)  
     
 

Passano due anni dal precedente Foxtrot e il gruppo riesce a stupire nuovamente al ritorno sulle scene con un nuovo capolavoro. Ciò che non sembrava possibile era un nuovo disco che migliorasse nuovamente quanto già espresso: Selling England by the Pound invece sbalordisce sia per un nuovo concetto di scrittura sia per dei grandiosi momenti strumentali.

L'inizio viene affidato a "Dancing with the moonlight knight" che contrappone la melodiosa voce di Gabriel al potentissimo stacco di gruppo che gioca benissimo sul forte contrasto tra Hammond e chitarra elettrica. E' palpabile la bravura di Hackett nei più vari espedienti che hanno un effetto bellissimo come le varie sfumature sul volume. Segue "I know what I like", un altro classico del gruppo, e il grandioso inizio di pianoforte in "Firth of fifth".

Da segnalare ancora uno dei pezzi a maggiore durata del disco: "The cinema show" oltre alle belle chitarre acustiche, perfettamente costruite, troviamo al sesto minuto uno dei migliori e riusciti strumentali dei Genesis.
Concudo con una curiosità: "More fool me" è cantata da Phil Collins...un presagio del futuro!!!

Consigliato.

 

 Track list:

  1. Dancing with the moonlight knight
  2. I know what I like
  3. Firth of fifth
  4. More fool me
  5. The battle of the epping forest
  6. After the ordeal
  7. The cinema show
  8. Aisle of plenty

 

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   The Lamb Lies Down on Broadway (75)  
     
 

Nel giudicare questo doppio disco non vorrei farmi fraintendere da chi non lo conosce ma neanche attirare l'ira funesta di chi lo possiede e, magari, lo adora.
Semplicemente: secondo me la genialità Genesis cala un pochino rispetto ai precedenti e anche il modo di costruire il tutto: penso il gruppo abbia curato la musica e Gabriel i testi.
Risultato: grandi baruffe e cantato anche dove (PENSO) il gruppo aveva previsto momenti strumentali.

Resta comunque un bel disco ... forse da due se ne poteva fare uno solo ma sicuramente superiore...

 

 Track list:

  1. The lamb lies down on Broadway
  2. Fly on a windshield
  3. Broadway melody of 1974
  4. Cuckoo cocoon
  5. In the cage
  6. The grand parade of lifeless packaging
  7. Back in N.Y.C.
  8. Hairless heart
  9. Counting out time
  10. Carpet crawlers
  11. The chamber of 32 doors
    CD 2:
  1. Lilywhite Lilith
  2. The waiting room
  3. Anyway
  4. Here comes the supernatural anaesthetist
  5. The lamia
  6. Silent sorrow in empty boats
  7. The colony of slippermen
  8. Ravine
  9. The light dies down on Broadway
  10. Riding the scree
  11. In the rapids
  12. it.

 

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   Trick of the Tail (75)  
     
 

Commento di Michele De Felice
"Erano una buona band! Sarebbero diventati grandi."
Così molte riviste musicali annunciarono, all'epoca, la dipartita di Gabriel dai Genesis. Sbagliarono clamorosamente, a mio avviso, sia perché "grandi" lo erano già diventati anche solo considerando lavori come "Foxtrot" e "Selling England by the pound", ma soprattutto perché "A Trick Of The Tail", seppur insospettabilmente, risulta essere ancora oggi uno degli album più belli del vasto calderone progressive.

I Genesis concedono al batterista l'onere di cantare, ed il buon Phil, anche se spesso imita Gabriel, riesce comunque a cavarsela più che egregiamente. Artisticamente la band sembra non patire affatto l'assenza del leader Gabriel; le linee vocali, che molto preoccupavano i fans, sono adeguate e conformi allo stile Genesis. In molti passaggi sembra addirittura di ascoltare Peter, e le tracce scorrono su un filo conduttore armonico ben definito.

"Dance On A Volcano" è semplicemente magnifica come apertura del disco, "Entangled" è una canzone per chitarra acustica molto romantica, forse una delle più drammatiche mai scritte dai Genesis. Ma le sorprese non finiscono quì: la glaciale "Squonk" e la malinconica "Mad man moon", interamente scritta da Banks, danno un tocco di classe ad un album di per sé già buono. La conclusiva "Los endos", costruita su un ritmo imprevedibile di batteria, riprende i temi di "Dance on a volcano" e "Squonk".

Se siete estimatori dei Genesis questo lavoro non deluderà le vostre aspettative. Un album che nella sua grandezza chiude però definitivamente la storia ed il valore dei Genesis.

 

 Track list:

  1. Dance on a Volcano
  2. Entangled
  3. Squonk
  4. Mad Man Moon
  5. Robbery, Assault & Battery
  6. Ripples
  7. A Trick of the Tail
  8. Los Endos

 

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   Wind and Wurthering (77)  
     
 

Se paragonato ai grandi classici del gruppo qualche differenza si sente... certo è che etichettare questo "Wind and Wurthering" un brutto disco è un peccato assolutamente mortale anche perché l'ascoltatore accorto deve tenere conto di due fattori: il clima dell'anno '77 e i due anni di distanza da "Trick of the Tail".

Duro l'inizio con "Eleventh earl of mar": l'influsso moderno e il neo stile alla "Trick of the tail" sono palpabili e piacevoli. Bello anche l'intermezzo quasi al terzo minuto con l'accoppiata moog e pianoforte. Ecco la ballata "One for the vine": complessa la struttura a ricordo del tipico stile Genesis. Interessante una cosa dopo l'iniziale parte soft: nella parte strumentale segnalo un passaggio di moog che ricorda una famosa tarantella napoletana. Seguono i temi pacati e riflessivi di "Your own special way" dove Collins riesce a convincere con un apporto voce pulito e che possiamo definire un presagio alla sua carriera solista. Definirei "Wot gozilla?" un atmosferico anticipo di quanto troveremo poi in "...in that quet earth" mentre "All in a mouse's night" mi suona un pochino inflazionata. Siamo pronti per una sequenza al vetriolo: "Blood on the rooftops" con il bellissimo inizio di chitarra, la cattivissima "...in that quet earth'" e la stupenda ballata "Afterglow". Assolutamente da sentire questo tris: il livello del materiale proposto è elevatissimo e manifesta chiaramente l'intento del gruppo a rimanere in un contesto di ricerca.

A questo lavoro seguirà "...And Then There Were Three... " che segnerà il percorso Genesis per due motivi fondamentali: l'abbandono di Steve Hackett e il primo singolo pop da classifica "Follow You Follow Me"...

Concludendo, "Wind and Wurthering" è un bel disco che certamente non deluderà i fan del gruppo.

 

 Track list:

  1. Eleventh earl of mar
  2. One for the vine
  3. Your own special way
  4. Wot gozilla?
  5. All in a mouse's night
  6. Blood on the rooftops
  7. 'unquiet slumbers for the sleepers...
  8. ...in that quet earth'
  9. Afterglow

 

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   Seconds Out (77)  
     
 

Quello che stupisce di questo doppio live è l'estrema perizia e precisione con cui sono eseguite tutte le canzoni. La qualità è indescrivibile e il gruppo, anche nei tanti passaggi impegnativi, non mostra cenno di instabilità. Questo mi fa pensare ovviamente ad un grande gruppo, certamente preparato ma sorge anche qualche dubbio sulla veridicità di questo live: qualche "chirurgo da studio" secondo me ci ha messo qualche pezza...

Difficile dire cosa spicca visto che il disco scorre liscio e godibile dall'inizio alla fine; forse avrei dato più spazio a "The musical Box" rilegata in una chiusura e tolto qualcosa alla lunga "Supper's ready".

Un disco live incredibile... forse troppo :-)

 

 Track list:

  1. Squonk
  2. The carpet crawlers
  3. Robbery assault & battery
  4. Afterglow
  5. Firth of fifth
  6. I know what I like
  7. The lamb lies down on Broadway
  8. The musical box
  9. Supper's ready
  10. The Cinema show
  11. Dance on a volcano
  12. Los endos

 

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   Formazione più rappresentativa:  
     
 
  • Tony Banks: Tastiere
  • Michael Rutherford: Basso/Chitarra acustica
  • Peter Gabriel: Voce
  • Steve Hackett: Chitarra
  • Phil Collins: Batteria/Voce

 
 
 
   Sito Ufficiale:  
  genesis-music.com  

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