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Chi legge le mie pagine si sarà accorto da un pezzo che io entro senza remora in quella categoria di persone che, musicalmente parlando, si possono etichettare come "nostalgici". I motivi sono vari, ma quello forse maggiore è una delusione profonda dei musicisti odierni (o buona parte di questi) che non riescono, secondo me, a fondere tecnica e spirito. La lista dei raccomandati e/o figli di papà che ottengono un facile contratto discografico che poi non riescono ad onorare in termini di fiducia e risultati è lunga e fitta…ma c'è anche qualche gruppo o personaggio che, grazie a grandi sacrifici e sudore versato in prima persona, riesce a immettere sul mercato un lavoro originale, valido e di freschezza disarmante.  
E' il caso dei Malaavia, che presentano questo "Danze d'Incenso", che definire lavoro progressivo risulta estremamente limitante. Il gruppo, formato da Pas Scarpato e Oderigi Lusi, contando anche varie collaborazioni, una su tutte la bravissima Solimena Casoria, riesce a fondere in un unico lavoro una indescrivibile quantità di generi diversi, mantenendo un unico e validissimo filo conduttore, spaziando dal progressive al pop di classe, da ritmi orientaleggianti a profumi e rumori nettamente partenopei, fino a citazioni classiche e ritmi disco-music.  
A testimoniare l'impronta personale del lavoro c'è sia la lunga durata (era da un pezzo che non vedevo dischi con 22 tracce!!!) in cui si dividono tre sequenze, sia un proponimento, peraltro perfettamente riuscito, di amalgamare il più svariato numero di strumenti, tra i quali sax, violini, mandolini, fiati e trombe.
Stupefacente Oderigi Lusi al pianoforte: mai sopra le righe, riesce ad incastrarsi con ottima tecnica e precisione nei vari interventi, permettendosi alcuni momenti veramente notevoli come "Abraham, where is the land?", "Softmoon", "Vivo nascosto", la classica "Bach's Prelude" e "Smoke Rag" dal sapore antico di Jopliniana memoria.  
La "Sequenza seconda" è quella, secondo me, più riuscita anche se non si possono non citare le iniziali "Preludio di luna piena" e "Abraham, where is the land ", "Mezzalunafertile" e "Canzone di Giuseppe" (quest'ultima dal sapore leggermente alla De André de "La Buona Novella").  
Un disco vario e riuscito, dalle tematiche quantomeno attuali (i testi sono di Scarpato), che, sono sicuro, scuoterà lo statico scenario musicale odierno.
Consigliato. |
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