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Commento di Nicola Martini
Quando la musica folk revival britannica si fonde con il progressive rock più fine saltano fuori i Pentangle.
Il nome del gruppo deriva dal simbolo che li rappresentava, ovvero un pentagono, con ad ogni lato uno dei cinque componenti il grippo. Un simbolo semplice e magico, come la loro musica ipnotica. La formazione faceva perno su dei due virtuosi della chitarra, Bert Jansch e John Renbourn, più folk il primo, maggiormente blues il secondo, e veniva completata da una ritmica formidabile, con solide basi jazz, composta da Danny Thomson al basso e da Terry Cox alle percussioni. Il tocco di classe era dato da Jacqui Mc Shee, una elegantissima voce.
Che dire del disco? Un capolavoro. A cominciare dalla celebre ballata di apertura, utilizzata come sigla televisiva, e composta con un tempo pluricomposto: 5/8 e 7/8 con un 6/4 nella parte centrale.
Incantevole “Springtime Promises”, magica “Hunting Song”, da pelle d’oca il blues lento di "Train Song", ipnotica “Lyke-Wake Dirge”. Atmosfere uniche, suono perfetto, cori accurate, parti solistiche raffinate, commistione di stili geniale.
Che altro aggiungere? Ascoltatelo, ascoltatelo, ascoltatelo….
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