Gruppo molto prolifico,
ricorda lontanamente i Grateful Dead per più
caratteristiche: da citare, per esempio, il tessuto
estremamente scarno di tecnica e di grana grossa; e
lo spazio pressochè totale lasciato all'ondata
improvvisativa.
Le sonorità sono
legate all'underground, mascherate da space rock, a
volte con venature molto dure, quasi hard, spesso ripetitivo
e privo di grandi idee anzi portato all'esasperazione
come nella opener "You shouldn't do that".
Le parti migliori risultano legate alle buone melodie
vocali (come la ballata "We took the wrong step
years ago") che a volte, più o meno velatamente,
richiamano uno stile alla Barrett ("You know you're
only dreaming"). Lo stile floydiano
è sottolineato inoltre in più punti soft
con alcune citazioni che richiamano soprattutto all'era
'68-'69.
Da segnalare la durissima
"Master of the universe" che rimanda la mente
in più punti a "Paranoid" dei Black
Sabbath: con pura e spensierata licenza poetica la estendo
ad una fusione tra "Master of Reality" e "Symptom
of the universe" (anche se temporalmente successivi).
Onestamente non sono
un grande amante di questi generi underground contornati
da space e psichedelia; ne consegue che il disco e,
di guisa, il gruppo ne risentono nella mia personale
graduatoria di preferenze.
Va tenuto a mente che
"In search of space" è uno dei picchi
di produzione degli Hawkwind, insieme ai più
osannati "DOREMI FASOL LATIDO" e l'esagerato
live "Space Ritual", pietra miliare d'oltremanica
e spesso considerato dalla critica del settore come
il "Live Dead" (storico e leggendario disco
dal vivo dei Grateful Dead) inglese. |