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Commento di Luca Martini
Non è una sorpresa, molti autorevoli studiosi di prog parlano di uno dei migliori dischi dell'epoca, uno dei massimi di tutti i tempi della storia del rock progressive italiano. Sì, lo ammetto, la sorpresa è mia, perché non lo conoscevo. E mi perdevo parecchio. Questo gruppo milanese, infatti, ha pubblicato, dopo un paio di 45 giri, un solo disco, quello qui recensito, un superbo esempio di rock progressive dei primi anni settanta. Il gruppo deve il nome a miss Playboy 67, che si chiamava appunto De De Lind.
Il disco è caratterizzato da testi molto belli, profondi e mai banali, cantati molto bene da Vito Paradiso, che nel disco suona anche la chitarra acustica. A momenti rock duri ("Fuga o morte") il gruppo alterna momenti delicati e poetici, con canti appena accennati e suono di flauto suadente, con uno stile originale, che a tratti ricorda i migliori gruppi americani dell'epoca e, a volta, la nostrana PFM. Il tema dominante del disco è la guerra ed il ricordo, ed attorno ad esso si snodano le canzoni di questo concept album suonato in maniera eccellente, con ritmiche serrate e cambi di modo mai spigolosi o violenti.
La chitarra di Vitolli è semplicemente fantastica, mentre la batteria di Rebajoli disegna momenti di straordinario effetto ("Paura del niente"). Il flauto di Trama è ipnotico (si senta, ancora, la seconda metà del brano "Paura di niente" e l'attacco del successivo "Smarrimento", che, a parere di chi scrive, è il capolavoro del disco e uno dei pezzi più alzi della musica prog italiana di sempre) ed il basso di Lorigiola sempre preciso e puntuale.
Il gruppo, inspiegabilmente, non ebbe successo e si sciolse dopo i festival di Reggio Emilia e di Napoli.
Insomma, questo è un gran disco. Mea culpa.
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