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Il
presente commento (scritto di mio pugno) è apparso su:
Contrappunti: Quaderno
trimestrale del Centro Studi per il Progressive Italiano -
Anno IV numero 2 - Giugno 2007.
Per info: www.centrostudiprogitaliano.it
Concerto di
Angelo Branduardi è il primo e storico triplo
vinile interamente dal vivo e pubblicato nel 1980 a
seguito di una tournée di tre anni che toccò
Belgio, Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia
e Italia. Questo lavoro, benché non strettamente
legato a doppio filo al rock progressive, è una
di quelle pietre preziose scordate nel cassetto e finite
ingiustamente nel dimenticatoio collettivo.
Impressionante il cast
di musicisti di altissimo livello al servizio di Branduardi:
troviamo a rotazione nelle varie serate, tra gli altri,
Gigi Cappellotto, Franco Di Sabatino (il bravissimo
tastierista di Contaminazione del Rovescio
della Medaglia), Massimo Macrì, Piercarlo
Zanco, Gianni Dall'Aglio (Ribelli e il
Volo), Maurizio Fabrizio, il Banco del Mutuo Soccorso
quasi al completo (Pierluigi Calderoni, Rodolfo Maltese,
Gianni e Vittorio Nocenzi) e Gianni Colaiacomo (che
collaborò col Banco dal 1979 al 1983 alla dipartita
di Renato D'Angelo qui presente in veste di tecnico
luci ed effetti speciali).
L'eterogeneità
stilistica impressa dall'insieme di così tanti
professionisti, giunti da diverse esperienze, è
l'arma segreta del disco: gli arrangiamenti arricchiti
con fantasia e garbo sono il vero punto forte del Concerto:
inebriante e diretto all'atto dell'ascolto, però,
grazie ad una riscrittura più complessa e completa
rispetto alle versioni da studio.
Nonostante la registrazione
sia leggermente penalizzata dalle non perfette tecniche
del tempo, si riescono ad assaporare appieno tutte le
sfumature espressive delle varie atmosfere: i momenti
acustici di Confessioni di un malandrino, Donna mia
e gli intrecci dal vago sapor medievale de Gli alberi
sono alti; le parti d'atmosfera e rock de Il Ciliegio
e La Luna; i pesanti e potenti interventi in cui si
riconosce chiaramente la matrice Banco de L'uomo e la
nuvola e Il signore di Baux.
Le sonorità compatte
e le scelte stilistiche di arrangiamento fanno delle
canzoni in carico al gruppo romano, legato al cantautore
anche nella propria produzione a partire dal disco Come
in un’ultima cena, la parte più rilevante
sotto il profilo progressivo: il sentire i classici
suoni alla Banco, rimandi chiarissimi agli immortali
primi tre dischi, fanno un po’ masticare amaro
pensando a quello che furono le uscite pop degli anni
’80, mostrando che, anche se in un contesto più
leggero, il gruppo poteva proporre materiale maggiormente
interessante e di indiscussa validità.
Assolutamente da sentire
l’inizio del disco ad opera dei fratelli Nocenzi
con un intreccio di moog e sintetizzatori degno del
migliore Jean Michel Jarre.
Leggermente più difficili da interpretare le
canzoni cantate in inglese, sulle quali spicca l'ottima
Lady, cosa dovuta in parte alle pronunce un po' maccheroniche
dell'autore.
Altra nota, nei barocchi abbellimenti di clavinet di
The Stag, Franco Di Sabatino avrà sicuramente
rivissuto i trilli di clavicembalo di Lei sei tu: lei
e La grande fuga.
Oltre alla penombra
odierna, vorrei aggiungere che anche la storia non è
stata particolarmente benevola nel corso del tempo con
questo disco, relegandogli spazio e possibilità
unicamente agli ammiratori di Branduardi. Di tutt'altro
corso di carriera invece un live contemporaneo a questo:
Fabrizio De André con la P.F.M.; bene, anche
se i gusti personali sono la vera chiave di tutto, ritengo
i due concerti esattamente sullo stesso piano stilistico
e di valore, e ne consiglio vivamente l'ascolto.
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